La
Sagra dell’Abete di Rotonda è senza alcun dubbio quella che più rispetta
i riti
e i gesti di una tradizione atavica che ci rimanda ai mitici riti
celtici.
Infatti, in Svezia, si soleva portare nei villaggi un enorme pino,
quello più
bello, che, dopo essere stato ornato, si ergeva in piedi e il popolo vi
danzava
intorno con grande allegria. L’albero restava nel villaggio l’intero
anno per
essere poi, sostituito con uno fresco l’anno successivo. Il rituale
rispecchia
appieno ciò che accade a Rotonda. Trovate le origini, è facile intuire
come a
Rotonda il matrimonio arboreo venne introdotto durante il dominio
normanno
(Federico II di Svevia costruiva la sua ultima dimora in terra di
Lucania, il castello di Lagopesole, nel 1241) e, in ogni caso, venne dedicata a S.
Antonio
non prima di 800 anni or sono
In
una atmosfera di incanto, di intensi profumi e variopinti colori, si
rinnova,
così, l’appassionante ed inimitabile “Sagra
dell’Abete”, in onore di S.
Antonio
da Padova che, tra storia e leggenda, si narra passò per Rotonda nel
XIII sec.,
fece sosta nei boschi del Pollino, trascorrendo una notte sotto un abete
in
località Marolo. Anni dopo, nello stesso punto, un bovaro inciampando
precipitò
in un burrone, invocò disperatamente il nome del Santo che gli apparve
in tutto
il suo splendore, salvandolo. Il miracolato raccontò l’accaduto a valle
ed annualmente
si recò con i suoi per abbattere un abete ed offrirlo in onore del Santo
protettore. Da allora, niente è cambiato, la Sagra ha mantenuto intatto
il suo
fascino, le sue usanze proponendo sempre gli stessi riti.
I festeggiamenti e le
funzioni
religiose (la tredicina di S. Antonio) hanno una durata di circa 15
giorni, ma
la Festa raggiunge il suo apice tra l’8 e il 13 di giugno, giorno
quest’ultimo,
dedicato a S. Antonio da Padova, patrono anche di Rotonda. Il rito, di
origine
pagana, ha quale finalità il “matrimonio arboreo” tra un abete di più
modeste
dimensioni, la “a rocca”, ed un enorme faggio (una volta si trattava di
un
grosso abete, tant’è che il dialetto locale ne conserva il nome), “a
pitu”,
questo (il matrimonio) a simboleggiare la conseguente fecondità
portatrice di
buone messi. Pertanto, nella notte tra l’8 ed il 9, i numerosi
componenti del
gruppo della “rocca”, i cosiddetti “roccaioli”, partono dalla località
Santa Maria, nei pressi del Santuario della Madonna della Consolazione,
per
dirigersi verso i boschi di uno dei comuni limitrofi rientranti nel
Parco
Nazionale del Pollino. L’abete che diverrà “a rocca” era già stato
scelto la
seconda domenica di maggio e nella notte tra l’8 e il 9 giugno verrà
raggiunto
per essere, come tradizione vuole, “sottratto” nel bosco di uno dei
paesi
gravitanti nel Parco Nazionale del Pollino. Successivamente, “a rocca”
verrà
condotta in località “Vacquarro” dove resterà in attesa di potersi
congiungere
in matrimonio col maestoso faggio, “a pitu”, e, in seguito il giorno 13,
i due
alberi stretti in un definitivo abbraccio verranno issati, servendosi di
forche
e corde, con il solo ausilio dei muscoli dei lavoranti, a mò d’obelisco
davanti
alla sede municipale.
Può tornare utile
sottolineare che tutta la Sagra verrà accompagnata da abbondanti
libagioni
innaffiate dal buon vino locale. Tra le provviste che, a devozione del
Santo
patrono, vengono offerte a tutti i partecipanti e viandanti un posto di
riguardo tocca ai tradizionali “tortaneddri” e “panetteddre” di S.
Antonio,
dolci rustici preparati dalle brave massaie del luogo.
L’11
giugno, “a pitu” trainata da almeno 13 coppie di buoi, i “paricchi”, ed
“aiutata” negli spostamenti dai “pannulari” (la “pannula” è un ramo di
faggio
sfrondato dai ramoscelli e levigato, che viene usato a mò di leva per
favorire
gli spostamenti, soprattutto in curva, del grosso tronco trainato dai
buoi), in
località Piano “Pedarreto”, si unisce alla “rocca” ed insieme,
accompagnate da
alcune decine di faggi, sfrondati e lisciati, “i porfiche”, trainati da
uno o
più buoi, relativamente alle minori o maggiori dimensioni dei tronchi,
iniziano
il “corteo arboreo” che li porterà verso il paese tra ripetute
esclamazioni di
evviva e canti dedicati al Santo protettore. Il percorso, di circa 9 km,
è un
susseguirsi di canti, di danze, di bevute di buon vino ed altre
vettovaglie
offerte a tutti a devozione di S. Antonio; un vero e proprio
cerimoniale, unico
nel suo genere, che coinvolge non solo Rotonda, ma anche i paesi vicini,
nonché
i numerosi emigrati che, per la Festa, da ogni parte del mondo ritornano
al
paese natio.
Nel
primo pomeriggio del 12 giugno, dopo aver trascorso la nottata in
località
“Puzziceddri”, gli alberi e i gruppi dei “pitaioli”, dei “roccaioli” e
delle
“porfiche” incontreranno nei pressi del Santuario della Madonna della
Consolazione, le autorità locali e tutti quei cittadini e viandanti che
non
hanno partecipato allo svolgimento dei festeggiamenti in montagna, per
poi
dirigersi verso il centro del paese dove, nel tardo pomeriggio, alle
vibrate e
sentite parole del parroco e del sindaco, per il buon andamento dei
festeggiamenti
e per la immutata devozione al Santo, farà seguito l’innalzamento a
braccia,
sulla piazza principale del paese, dell’ “a pitu” (insieme al grosso
albero
verrà issato, in piedi su di esso il “capurale d’a pitu” ossia la
persona che
per tutto lo svolgimento della Sagra ha la responsabilità del buon
andamento
del rito; esiste anche il “capurale d’a rocca”) che l’indomani, nella
mattinata
del 13, verrà issata strettamente congiunta all’ “a rocca” e, insieme,
saranno
innalzate verso il cielo davanti alla sede municipale per restarvi fino
al
primo sabato del maggio successivo, giorno in cui “a pitu” e “a rocca”
verranno
abbattute per far posto alle piante nuovamente scelte.
Fanno
da epilogo alla Festa profana le solenni funzioni religiose, con la
processione
del Santo per le vie del paese nella mattinata del 13 e la veglia in
chiesa
fino a notte inoltrata. La Sagra in questione che, appare come un
importante
momento di incontro tra le genti del Pollino, un pittoresco confluire di
energie ed un momento di sicuro impatto suggestivo, rappresenta un
appuntamento
che nel corso dei secoli si è ormai istituzionalizzato anche fuori dai
confini
regionali e nazionali. Sono sempre più frequenti, infatti, i contatti
che ogni
anno si raccolgono con turisti e studiosi stranieri che si interessano
alla
kermesse che viene valutata anche come un interessante fenomeno
antropologico.
Mi permetto di dire che davvero un iteressante fenomeno antropologico! ... ualhe tempofa mi è capitato di essere alla Festa della Pita d Alessndria del carretto e per molti versi le due feste si somigliano non poco! ...interessante!
RispondiEliminaGrazie del commento, Ciri!
RispondiEliminaE' un rito molto coinvolgente. Ero in vacanza e casualmente ho partecipato ai festeggiamenti. Ora non posso fare a meno di ritornaci ogni anno. E'troppo bello E poi la gente del posto è così accogliente.
RispondiEliminaGrazie della tua testimonianza.
RispondiEliminaUn caro saluto.